Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti e la Nuova Zelanda hanno sollevato accuse significative contro la Cina per una serie di sofisticati cyberattacchi che hanno preso di mira istituzioni politiche e governative. Secondo le autorità americane, sette persone di nazionalità cinese sono state accusate di condurre attacchi informatici mirati ai membri del Congresso, funzionari della Casa Bianca e candidati, oltre che a società americane. Questi attacchi sarebbero stati spalmati su un arco temporale di 15 anni, coinvolgendo milioni di account online di cittadini americani.
Parallelamente, la Nuova Zelanda ha riportato un’altra grave violazione informatica attribuita a un gruppo cinese sostenuto dallo Stato, che avrebbe attaccato il sistema parlamentare neozelandese nel 2021. Secondo l’agenzia di sicurezza informatica della Nuova Zelanda, questo gruppo sarebbe stato responsabile di dannose attività informatiche contro entità parlamentari nel paese.
Le autorità britanniche non sono state da meno, accusando direttamente la Cina di essere dietro un prolungato cyberattacco contro gli archivi della Commissione elettorale britannica, iniziato nell’agosto 2021. Questi episodi testimoniano un’attività spionistica internazionale intensa, con la Cina al centro delle accuse per il suo presunto coinvolgimento in attività cybercriminali di portata globale.
Gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda e il Regno Unito hanno evidenziato la necessità di rafforzare le difese informatiche e la cooperazione internazionale per contrastare minacce cyber sempre più sofisticate e diffuse. La questione della sicurezza informatica si conferma dunque come una priorità globale, richiedendo un impegno comune per proteggere le istituzioni e i dati sensibili da attacchi informatici provenienti da diversi attori internazionali.