Roma – L’inchiesta sui dossieraggi illegali ha svelato un sistema di monitoraggio non autorizzato che ha coinvolto oltre 800 mila persone, sollevando forti preoccupazioni all’interno del governo. Tuttavia, al momento, non è previsto un intervento legislativo specifico. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha infatti ricordato che “una legge è già stata fatta”, suggerendo invece la creazione di nuovi sistemi di alert per rafforzare la protezione dei dati personali.
L’obiettivo è colpire non tanto gli hacker esterni, ma i cosiddetti “infedeli” – agenti, funzionari di tribunali e aziende private con accesso ai sistemi che utilizzano le proprie credenziali in modo illecito. Una task force del Viminale è già operativa per sviluppare tecnologie in grado di identificare accessi sospetti e bloccarli in tempo reale. Tra le misure in fase di studio, l’implementazione di restrizioni territoriali per prevenire consultazioni non autorizzate su individui fuori giurisdizione. L’alert si attiverebbe ad esempio quando un agente di Trento accede a dati su persone residenti a Palermo.
Nel frattempo, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha richiesto gli atti dell’inchiesta, in accordo con il segreto istruttorio, per approfondire le dinamiche di queste violazioni. Le indagini condotte dalla Dda di Milano suggeriscono che i responsabili godessero di supporto “di alto livello”, con collegamenti persino con servizi segreti, anche stranieri, e con la criminalità organizzata.
Secondo i magistrati, la società Equalize, al centro dello scandalo, avrebbe una rete strutturata, con collaboratori in grado di accedere a informazioni riservate da varie amministrazioni pubbliche. Le perquisizioni hanno portato al sequestro di un vasto archivio di dati, tra cui il server di un ex poliziotto e materiale conservato in Lituania.
Coinvolti anche nomi di spicco
Tra gli indagati, figurano manager di primo piano come Pierfrancesco Barletta e Enrico Pazzali, accusati di associazione per delinquere nell’ambito delle attività di dossieraggio. Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano, si è autosospeso per “chiarire la propria estraneità ai fatti”. Anche personalità esterne, inclusi imprenditori stranieri, sarebbero state prese di mira per alimentare il “mercato clandestino delle asimmetrie informative”. Le autorità sono ora al lavoro per esaminare l’enorme mole di dati sequestrata, stimata in almeno 15 terabyte.
Una minaccia alla democrazia, secondo i magistrati
Gli inquirenti definiscono l’organizzazione una minaccia alla democrazia, sottolineando la pericolosità di un sistema in cui funzionari e privati sfruttano le proprie posizioni per ottenere dati sensibili in modo abusivo. Conversazioni intercettate rivelano l’intenzione dei protagonisti di dotarsi di tecnologia di tracciamento autonoma per facilitare le proprie attività. Un quadro preoccupante che ha sollevato l’allarme a livello istituzionale, chiamando in causa l’urgenza di rafforzare i controlli e tutelare il diritto alla privacy